In questo articolo cercherò di affrontare in modo molto approfondito l’argomento bias cognitivi.
Ma prima di tutto cosa sono i “bias cognitivi”?
I bias sono errori sistematici, preconcetti che ricorrono in maniera prevedibile e in particolare circostanza. È un errore che influenza i nostri giudizi e le nostre decisioni.
Incorrono nella nostra vita tutti i giorni e si possono usare come leva di persuasione.
Ne esistono numerosi a diversi problemi legati al funzionamento del nostro cervello.
Nell’immagine qua sotto possiamo vedere più di 100 bias che si possono manifestare nella vita di tutti i giorni.
Nell’immagine qua sopra possiamo vedere che i bias sono divisi in 4 macrocategorie. Le affronteremo approfonditamente dopo.
Prima però andiamo a vedere come funziona il nostro cervello…
Una delle migliori schematizzazioni del cervello a mio parere è quella coniata da Daniel Kahneman, premio Nobel per l’Economia, nel suo libro “Pensieri Lenti e Veloci”.
Kahneman divide il cervello in due sistemi:
Il sistema 1 opera in fretta e con meccanismi automatici. La sua attività richiede poco sforzo e non possiamo volontariamente controllarlo ma solo limitarlo. È la nostra parte irrazionale.
Il sistema 2 indirizza l’attenzione verso attività mentali impegnative che richiedono focus. Infatti le attività di questo sistema richiedono molto sforzo. È la nostra parte conscia e razionale, è la parte in cui tendiamo anche a riconoscerci come individui.
Infatti pensiamo di essere principalmente individui razionali, quando per nostra natura nel 95% dei casi non lo siamo. Dobbiamo renderci conto che siamo animali per lo più mossi da meccanismi irrazionali.
Il sistema 1 crea impressioni, sensazioni e anche idee complesse ma solo il sistema 2 è in grado di elaborare questi pensieri in maniera ordinata.
Facciamo qualche esempio pratico per capire il funzionamento.
Se ti chiedo di calcolare: 2 + 2 = … ?
In questo calcolo entrerà in gioco il sistema 1 che riconosce la risposta immediatamente. Il calcolo è veloce, perciò pensiero veloce.
Se invece ti chiedo di calcolare: 13 x 18 = … ?
In questo caso sarai costretto a fare un calcolo più complicato, entrerà in gioco il sistema 2. Il calcolo ha bisogno di tempo e di razionalità, perciò pensiero lento.
Prendiamo ora il caso della guida in macchina.
Se ci troviamo in una strada deserta, oppure stiamo facendo la strada per tornare a casa, capita spesso che il nostro cervello metta il pilota automatico durante la guida.
In questi casi è il sistema 1 che sta guidando la macchina.
Se invece sulla strada compaiono dei lavori inaspettati dobbiamo concentrarci per capire che azioni dobbiamo intraprendere.
Ritorna così in gioco il sistema 2.
Facciamo un altro esempio che può accadere sempre durante la guida.
Siamo in macchina e stiamo parlando con un amico.
Può risultare semplice il botta e risposta se la strada è deserta.
Perché il sistema 1 sta guidando, mentre il sistema 2 è impegnato nella conversazione.
Ma se, come nel caso prima, compare un ostacolo improvviso, interrompiamo di colpo la conversazione. Il sistema 2 si deve impegnare a trovare una soluzione e non può continuare a parlare.
Infatti il sistema 2 non è in grado di concentrarsi intensamente su due compiti contemporaneamente.
Entrambi i sistemi sono attivi durante il nostro stato di veglia. Il primo funziona in maniera automatica, mentre il secondo è normalmente in modalità minimo sforzo.
Infatti le attività del sistema 2 richiedono molta energia, quindi il nostro cervello “pigro” cerca sempre di fare meno fatica possibile.
Principalmente i due sistemi si relazionano in 3 modi:
Il sistema 1 crea in continuazione spunti per il sistema 2: intuizioni, sensazioni, intenzioni e impressioni.
Se questi spunti vengono “validati” dal sistema 2 gli impulsi si convertono in azioni volontarie e le intuizioni si trasformano in credenze.
Nella maggioranza dei casi il sistema 2 adotta gli spunti del sistema 1 senza alcuna modifica.
Se invece il sistema 1 ha dei problemi nell’elaborazione si affida al sistema 2.
Nel caso dell’operazione precedente, 13 x 18 = …? , il sistema 1 non ha trovato un intuizione veloce che potesse dare risposta allora ha passato la palla al sistema 2, che è in grado di focalizzarsi e risolvere l’operazione (o quantomeno si spera).
Il sistema 2 effettua un controllo costante sul comportamento indotto dal sistema 1.
Questo controllo ci permette di evitare di uccidere qualcuno quando siamo arrabbiati oppure di evitare una torta quando siamo a dieta.
Questo controllo però richiede sforzo, perciò può mancare quando il sistema 2 è stanco. Infatti quando siamo affaticati il sistema 1 può superare il controllo del sistema 2.
È più facile litigare la sera quando abbiamo avuto una giornata impegnativa al lavoro ed è più facile sgarrare la dieta nel weekend dopo una settimana di impegni.
Questo perché il sistema 2 non ha energie sufficienti per mantenere il controllo sugli impulsi del sistema 1.
La convivenza di questi due sistemi crea una macchina molto efficiente, perché riduce al minimo lo sforzo e massimizza i risultati.
Il sistema 1 sa fare genericamente molto bene il suo lavoro. Lavora con modelli intuitivi e predittivi formatosi in milioni di anni. Esso è però è soggetto a degli errori sistematici che tende a commettere in determinate circostanze, i cosiddetti BIAS.
I bias sono errori sistematici, preconcetti che ricorrono in maniera prevedibile e in particolare circostanze.
Abbiamo visto l’innumerevole quantità di bias cognitivi che esistono. Ora andremo a vedere quali sono i problemi principali che caratterizzano la loro presenza.
Il nostro sistema 1 è sollecitato da input tutti i giorni, tutto il giorno. Luci, colori, suoni, odori, …
Tutto ciò che ci sta attorno rappresenta un possibile input che il nostro cervello può salvare e immagazzinare.
Questo problema è estremamente presente nei giorni nostri perché siamo bombardati tutto il giorno da pubblicità, notizie, intrattenimento…
È evidente che il nostro cervello deve applicare numerosi filtri per mantenere solo le informazioni necessarie.
Il sistema 1 deve capire che informazioni deve passare al sistema 2 affinché questo le trasformi in azioni o credenze.
In questi milioni di anni ha dunque imparato alcune scorciatoie per individuare le informazioni che probabilmente ci saranno utili, da quelle che in realtà non ci servono.
Vediamo meglio quali sono le macro categorie di bias derivanti da questi filtri:
Le case discografiche per esempio sfruttano i bias di questa categoria per lanciare una nuova hit. Infatti in radio inseriscono la nuova canzone che vogliono lanciare in mezzo a due canzoni già note.
Dato che abbiamo già familiarità con la canzone prima e la canzone dopo, il nostro cervello assocerà questa familiarità anche alla nuova canzone che si trova nel mezzo. Rendendola quindi più familiare e orecchiabile.
Le prime volte che l’ho visto sono rimasto di stucco e cercavo di capire il trucco che si celava dietro. Ma dopo averlo visto una, due, tre volte e capito che in realtà l’artista era solo appoggiato a una struttura di metallo, non li notavo nemmeno più.
Il mio cervello ha caratterizzato questa performance artistica come una cosa già vista quindi è passata allo status di “elemento conosciuto”.
Dopo aver scoperto il trucco inoltre il mio cervello ha aggiunto anche lo status “ordinaria”. E magicamente è stato avvolta dal velo dell’invisibilità.
Quindi ci ancoriamo allo stato di partenza, invece che valutare il nuovo stato come un elemento singolo. Tendiamo perciò a prendere decisioni influenzati dal giudizio sul cambiamento che è avvenuto.
Il sistema di credenze che possediamo mette un filtro ai nostri occhi e ci fa vedere la realtà in modo che vada a confermare ciò che già pensiamo.
Ricerchiamo e interpretiamo il mondo che ci circonda in modo che vada a confermare ciò in cui crediamo.
Un credente di Dio potrebbe vedere la prova della sua esistenza quando scampa un incidente per qualche centimetro.
Una persona razzista potrebbe trovare conferma del superiorità della propria razza in fatti di cronaca nera che comprendono ragazzi di colore.
Oppure pensa a quando ti fissi con un determinato modello di macchina. Automaticamente quando sei in strada ti sembra di vedere solamente quella macchina lì.
Non è che all’improvviso tutti si siano comprati la macchina che vuoi tu. La quantità di macchine in circolazione non è cambiata, è cambiato il filtro con cui vedi il mondo.
Ma rendiamoci conto che anche noi stessi ne siamo vittima, quindi pensiamo bene prima di criticare, anzi domandiamoci “Non ho notato qualcosa di me stesso?”
La critica può minare moltissime relazioni personali. Tendiamo infatti a vedere i difetti del nostro coniuge e neghiamo i nostri.
Tenete presente questo bug del nostro cervello quando dovete criticare o vi sentite criticati.
Abbiamo visto che la quantità degli input che ci arrivano può creare numerosi bias al nostro cervello.
Tutte queste informazioni però non ci sono sufficienti per comprendere a pieno il mondo in cui viviamo. Ci è impossibile capirlo fino in fondo. Eppure dobbiamo dare un senso alle cose per sopravvivere.
Infatti quando riceviamo un flusso di informazioni, ma queste informazioni non sono sufficienti per avere il quadro completo, tendiamo a riempire i puntini mancanti con elementi che conosciamo già, o che pensiamo di sapere.
Perciò non riusciamo quasi mai ad avere tutti i puntini uniti. Il nostro cervello però ragiona a pattern. Damasio, famoso neuroscienziato portoghese, chiama questa modalità del nostro cervello “mappe mentali”.
È così che il nostro cervello ragiona, compilando i puntini di una mappa. Se non abbiamo la mappa completa dobbiamo ricostruirla in qualche modo. Altrimenti non riusciamo a ragionare.
Proiettiamo le nostre credenze sul passato e sul futuro. Tendiamo infatti a distorcere passato e futuro in base alle nostre convinzioni.
Molto spesso infatti distorciamo la realtà dei fatti passati per confermare le nostre tesi o la nostra ragione. Oppure distorciamo la visione del futuro per dare conferma al nostro presente.
Capita spesso che le persone alterino l’andamento di alcuni fatti passati nella propria testa per convincersi di essere stati nel giusto.
Oppure si crea l’effetto “lo sapevo”. Quante volte ti è capitato di dire “Lo sapevo fin dall’inizio che sarebbe andata così!”?
Anche queste sensazioni sono vittima di distorsioni del nostro cervello, che ricostruisce gli eventi accaduti tornando indietro nel tempo.
Il nostro cervello antico si è evoluto per rispondere velocemente agli input della vita esterna, soprattutto in momenti di incertezza, dove non c’è una soluzione predefinita e dove bisogna prendere una scelta nel più breve tempo possibile.
Quando ci trovavamo davanti a un leone non c’era tempo di pensare a cosa fare, la reazione doveva essere istintiva e il più veloce possibile se volevamo avere una chance di sopravvivere.
In queste situazioni è il Sistema 1 che prende completamente in mano la situazione, data la sua capacità di prendere decisioni velocemente.
Questa capacità ci ha permesso di sopravvivere e prosperare, ancora oggi ci risulta utile in alcuni casi, ma molte volte può essere un problema per i bias che crea.
Per agire dobbiamo avere fiducia nelle nostre capacità. Infatti dobbiamo essere fiduciosi nelle nostre capacità o dobbiamo pensare che ciò che stiamo facendo è importante. Senza queste condizioni rischieremo di non agire affatto.
Questa sfumatura del problema si divide in due estremi: chi ha troppa confidenza nelle proprie capacità e chi non ne ha affatto.
Infatti apprezziamo le cose quando ci danno qualcosa di concreto nel presente nel piuttosto che nel futuro.
Siamo motivati a completare ciò in cui abbiamo già investito tempo ed energia. La nostra indole ci spinge a essere coerenti con ciò che abbiamo fatto.
Se abbiamo investito tempo e risorse per fare una cosa siamo molto più motivati a mantenere e a percorrere il percorso che stiamo facendo.
La nostra valutazione è alterata dal tipo e dalla quantità di risorse che abbiamo impiegato. Pensa al famoso bias effetto Ikea:
Se impieghi tempo ed energia per costruire un oggetto, a quell’oggetto darai un valore molto maggiore di quello che realmente ha.
Preferiamo la strada più battuta. Tendiamo a preservare il nostro presente e scegliere strade predefinite piuttosto che andare verso direzioni sconosciute.
Quando ci troviamo davanti ad un bivio tendiamo a scegliere la strada più battuta. Preferiamo infatti l’opzione che viene percepita come la meno rischiosa o che preserva il nostro attuale presente.
Abbiamo una grossa paura dell’ignoto. Molte persone infatti preferiscono mantenere una vita non soddisfacente piuttosto che cambiare alcuni aspetti e lanciarsi alla scoperta di lidi sconosciuti.]
Abbiamo visto nel problema 1 che esistono troppe informazioni. E abbiamo visto nel problema 2 che ci creiamo le informazioni mancanti.
Il nostro cervello fra questa mole di informazioni captate e create può scegliere di mantenerne solo una parte nell’ “hard disk di memoria”, ciò che probabilmente ci risulterà utile in futuro.
Ma naturalmente questo processo di selezione non è perfetto. Dobbiamo infatti fare costantemente scommesse e compromessi su ciò che dobbiamo ricordare e su ciò che invece possiamo dimenticare.
Ad esempio il nostro cervello preferisce le generalizzazioni rispetto ai dettagli perché occupano meno spazio. Se ci sono dei dettagli fondamentali invece memorizziamo solo quelli ed eliminiamo il resto.
Questo processo consiste nell’andare a inserire le nuove informazioni in relazione a ricordi già esistenti. Le nuove informazioni andranno ad aggiornare le nostre mappe mentali.
Possono andare a rinforzare alcuni ricordi, aggiungendo dei punti alla mappa; oppure possono sostituire altri elementi della mappa, aggiornando perciò l’insieme di un nostro pensiero.
Abbiamo finito di vedere i vari funzionamenti del nostro cervello.
È molto difficile ricordarsi tutte queste informazioni, infatti il nostro cervello, come abbiamo visto, non può salvare tutto, occorrerebbe una fatica immensa e un processo di archiviazione dispendioso.
Ma reputo veramente fondamentale capire come ragioniamo, perché ricordiamo certe cose, perché notiamo una cosa invece di un’altra, perché prendiamo determinate scelte…
Conoscere i nostri processi mentali significherebbe iniziare a comprendere noi stessi più profondamente.
Perché effettuiamo certe scelte? Come mai ho reagito a quel modo?
Sento molto spesso il mantra “Conosci te stesso”. Ma se ci pensi non puoi conoscerti a fondo se non conosci il modo in cui effettui determinati ragionamenti.
Se esploriamo perciò i vari funzionamenti del cervello umano saremo in grado di riconoscere le tipologie di bias che si presentano nella nostra vita, e potremo imparare enormemente di più su noi stessi.
Il mio invito quindi è quello di tornare più volte su questo articolo perché:
Inoltre se sei un imprenditore o ti occupi di marketing, capire a fondo questi funzionamenti ti permette di avere una marcia in più per avere successo con le tue attività.
Se capisci come funziona il cervello, sarai di conseguenza in grado di influenzare il comportamento.